domenica 9 febbraio 2014

Matteo Renzi a Sassari, gran pienone al Teatro Verdi. «Il voto alla Murgia è un voto dannoso»


Matteo Renzi al Teatro Verdi
Sassari - «Tra due settimane è programmato un incontro con i presidenti delle regioni del Pd. Sono sicuro che parteciperà anche Francesco Pigliaru». Matteo Renzi è un fiume in piena e in poco più di venti minuti galvanizza il popolo del Partito Democratico e trasmette fiducia e sicurezza. «I sondaggi, quelli buoni, e lo sono perché gli altri non li citano, ci dicono che siamo avanti. Non applaudite, perché i conti si faranno il 16 febbraio. Ma ci siamo», dice sabato mattina. La prima battuta è però tutta sportiva. «Ci avete battuti», ricorda, facendo riferimento alla Fiorentina sconfitta dal Cagliari. E pazienza se a Sassari si tifa Torres, ma i colori sono sempre rossoblù. È un “bravo!” che parte spontaneo appena Renzi arriva sul palcoscenico, chiamato da Silvio Lai. «È un po’ imbarazzante sentirsi dire bravo quando ancora non hai parlato… Potrei dire allora “Forza Fiorentina!”», dice. Dal pubblico qualcuno grida: «Forza Dinamooo!».
«Come segretario del Pd è un piacere essere qua. Da sindaco faccio sempre fatica ad andare alle campagne elettorali nei vari territori. Per poter parlare di politica in una città come Sassari, uno deve avere un grande rispetto. Perché ha dato i natali a due presidenti della Repubblica. Perché è la città del segretario del Pci Enrico Berlinguer (applausi scroscianti, ndr). Ed è anche la città del prossimo presidente della Regione Sardegna Francesco Pigliaru», parte Renzi. «Non sono d’accordo nell’essere presenti in elezioni locali. Sono innanzitutto elezioni in cui una comunità sceglie la propria guida per i prossimi 5 anni. Nessuno, subito dopo il voto, deve venire qua a cavalcare il risultato. Noi adesso dobbiamo porci una domanda: stiamo meglio o stiamo peggio rispetto a cinque anni fa? ("Peggioo", dal pubblico, ndr). È molto semplice. È il punto di partenza di qualsiasi discussione».
«Oggi abbiamo una chance straordinaria: poter distinguere tra chi ha il coraggio di dare delle idee per il futuro e chi gioca basandosi sugli slogan di sempre. Noi siamo raffigurati come quelli sempre tristi. Allora dico: ma le barzellette di questi anni vi hanno fatto ridere? Siamo partiti con qualcuno che diceva: avrete 100mila posti di lavoro in Sardegna, facendo una versione mignon di un’altra… Bene, sono stati quasi di parola, 80mila. Solo che hanno sbagliato il segno, un meno anziché un più! Cambiamo verso anche in questo senso, parliamo di lavoro senza barzellette».
Un saluto anche a Francesca Barracciu. «Un grazie particolare a Francesca Barracciu. Francesco Pigliaru è bravissimo ed è l'uomo giusto per vincere, ma ci tengo anche a ringraziare da questo palco Francesca, che ha fatto un gesto che le fa onore, seguendo una logica di squadra». E qualche parola su Michela Murgia: «C’è un’altra forza politica a sinistra, con Michela Murgia, come amo come scrittrice, ma c'è il rischio enorme di sottovalutare il risultato delle elezioni. Qui non c’è ballottaggio. Il voto alla Murgia forse mette a posto la coscienza, ma il voto a Pigliaru sicuramente mette a posto la Sardegna».
«Noi non siamo per il voto utile, ma per il voto umile! Lo chiediamo per benino, con rispetto, convinti che la politica sia una cosa bella. È già accaduto in Italia, che la sinistra più radicale ha preferito un voto dannoso».
E poi la lettura di un testo inviatogli da un giovane di Ula Tirso, che ha fatto un quadro della crisi economica e sociale dell’Isola. Ma anche della delusione politica dei sardi, che per il 50 per cento non sanno se andranno a votare.
Infine l’appello. «Abbiamo otto giorni davanti a noi che cambieranno il destino dei prossimi cinque anni della Sardegna, una terra straordinaria, una terra che può farcela, una terra non condannata al declino. Credo che valga la pena che anche i ragazzi ci credano e, qualche professore si arrabbierà, vale la pena saltare questa sessione di esami per concentrarsi sulle elezioni». E allargare le “simpatie”. «Dobbiamo convincere anche gli elettori del centrodestra. O impariamo a convincerli o li lasceremo agli altri. Lo so che mi accusano… Mi dicono: ma tu fai le regole con Berlusconi. Sì, perché una cosa sono le regole del gioco che per anni la storia costituzionale d’Italia ha dimostrato che si devono scrivere tutti insieme. Anche noi abbiamo sbagliato a scrivere le regole da soli, perché poi le hanno fatto loro da soli. Scriverle insieme è un dovere civile. E non si scambia il Parlamento per un ring dove si gioca alla boxe e dove si dà  un pessimo esempio di maleducazione. Le scriviamo insieme perché vogliamo sconfiggere Berlusconi e Cappellacci».

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