Il segretario Antonio Rudas |
Negli ultimi cinque anni, ricorda Rudas, tutti gli indicatori economici dell'isola sono stati negativi, primo tra tutti il dato sull'occupazione secondo cui si sono persi circa centomila posti di lavoro. Un momento di eccezionale crisi economica e finanziaria in tutta Europa si è aggiunto a una ormai cronica congiuntura del nord Sardegna, creata da anni di malgoverno e incoscienza politica che sembrano aver raggiunto l'apice nell'ultima legislatura. Il territorio della provincia di Sassari è diventato il simbolo di quest'incapacità. Le tante vertenze che si trascinavano da tempo e quelle che si sono aperte nell'ultimo quinquennio sono rimaste tragicamente irrisolte. Nessuna delle tante, troppe crisi ha trovato soluzione, anche e soprattutto a causa dell'immobilismo di una Regione che ha mostrato totale disinteresse per i lavoratori e i pensionati del nordovest dell'isola.
Pensiamo alla vertenza Vinyls, incredibilmente ancora sospesa dopo anni di lotte, o alla sciagurata gestione della termocentrale di Fiume Santo, con la multinazionale E.On che mai, tranne rarissime occasioni, è stata messa dalla Regione davanti alle proprie responsabilità.
Pensiamo alla mancata applicazione dell'addendum al protocollo sulla chimica verde, per larga parte disatteso per responsabilità da imputare unicamente alla Regione, totalmente sorda ai richiami del territorio nonostante le pressioni delle organizzazioni sindacali e degli enti locali. E ancora alle mancate bonifiche nel Sito d'interesse nazionale di Porto Torres che se restituito al territorio potrebbe vedere la nascita di nuova occupazione e riassorbire i lavoratori dell'industria espulsi dal mercato del lavoro con la chiusura del polo petrolchimico.
Pensiamo alla disastrosa assenza della giunta uscente in tema di infrastrutture, in particolare per quanto riguarda le costruzioni e i trasporti. A causa della mancata trasmissione dei fondi regionali agli enti locali cadono a pezzi le scuole, le stesse che vedono un tasso sempre più alto di abbandono da parte dei giovani sardi, spinti ad abbandonare una prospettiva di miglioramento della propria condizione sociale e quasi incentivati all'emigrazione. Restano al palo i grandi progetti sulle strade, prova ne sia la Sassari-Olbia, arteria da sempre ritenuta un fondamentale snodo per mettere in comunicazione l'asse viario settentrionale e ancora un miraggio, nonostante le ingiustificate rivendicazioni elettorali degli ultimi giorni. Tutto questo nel perdurare della crisi di un settore tradizionalmente anticiclico come l'edilizia, che come e più di altri ha visto i suoi addetti perdere posti di lavoro e la chiusura di molte piccole e medie imprese locali.
Pensiamo al trasporto ferroviario, abbandonato da una giunta che non si è mai opposta al paventato rischio di smantellamento delle tratte interne, con conseguenti disagi agli utenti e pericolo di ridimensionamento degli addetti; a quello navale, con la fallimentare operazione sulla “flotta sarda” recentemente dichiarata illegittima dall'Unione europea (che ora chiede indietro quasi 11 milioni di euro) messo in atto nonostante il comparto abbia ben altre emergenze, come le mancate infrastrutturazioni al porto di Porto Torres; a quello aereo, che ha visto l'avvio solo pochi giorni fa dell'iter per la privatizzazione della società di gestione dell'aeroporto di Alghero, in un contesto ancora fumoso e per niente chiaro su due aspetti fondamentali per la Confederazione sindacale: il mantenimento dell'occupazione, dei lavoratori diretti e di quelli indiretti (come nel caso degli addetti dell'Aristea, vertenza ancora in corso) e un piano industriale sostenibile, le cui ricadute non colpiscano gli utenti a scapito della speculazione. A questo si aggiunga il fallimento della continuità territoriale aerea, con l'interruzione delle tratte garantite per Torino e Bologna.
Pensiamo anche alla crisi del settore del commercio e dei servizi, con la chiusura costante di esercizi e la diminuzione degli addetti, che non hanno mai ricevuto risposta, o a quella dell'agroalimentare.
Il risultato di questa politica regionale, totalmente sorda al grido di dolore dei territori e in particolare del nord Sardegna, non può che essere l'aumento della povertà e della disoccupazione. Si è fatto sempre più massiccio il ricorso agli ammortizzatori sociali che ormai non bastano più, con i sussidi ai cassaintegrati che arrivano puntualmente in ritardo e, da ultimo, sbloccati con una legge approvata pochi giorni fa dalla giunta regionale uscente, nell'imminenza delle elezioni. Nella morsa della disperazione, spesso segnalata dai sindacati alle autorità governative nel territorio, la Sardegna è purtroppo coinvolta, in maniera pesante rispetto al resto del Paese, nel tragico fenomeno dei suicidi per la crisi economica.
In un momento storico talmente buio per le prospettive dei sardi, sarebbe stato doveroso uno sforzo che questa Regione non ha saputo o voluto mettere in atto, anche nei confronti di un governo nazionale “amico” con cui troppo spesso si è avuto un atteggiamento di accondiscendenza quando non di passiva sottomissione.
Suonano per questo irreali e curiose, a pochi giorni dal voto, le istanze di alcuni enti e associazioni rivolte a chi ha già ricoperto incarichi di governo, dimostrandosi non all'altezza, e che oggi ha anche il coraggio di riproporsi per guidare la Sardegna.
La Cgil di Sassari non dà indicazioni di voto, non è questo il suo compito. Non esprime giudizi su chi non ha avuto l'opportunità di governare, ma non può esimersi di valutare l'operato di coloro che non hanno saputo rispondere alla legittima domanda di occupazione e benessere dei cittadini.
Per questo, l'Organizzazione auspica che gli elettori partecipino convintamente alle prossime elezioni regionali tenendo conto dell'operato di quanto è stato fatto, o non fatto, da chi è stato chiamato a governare l'isola. Fin da adesso la Cgil rivolge ai prossimi amministratori della Regione l'appello a uscire dall'immobilismo che si è trascinato per troppo tempo e a disegnare un futuro migliore per il territorio e la Sardegna, garantendo un impegno costante nella battaglia per le fasce più deboli della società qualunque sia il risultato che domenica prossima uscirà dalle urne.
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