sabato 19 luglio 2014

Ho deciso: torno online...


Dopo alcuni mesi di pausa ho deciso di resuscitare questo blog personale. Non che mi sia mai fermato a scrivere. Tutt’altro. Ho anzi scritto di più, da marzo ad oggi, che non a gennaio e febbraio. Ho infatti fatto rinascere il mio giornale online, con un altro nome e senza la sezione sarda. Troppe delusioni da un lato (e parlo dei finanziamenti pubblici mai arrivati proprio a favore di quella porzione di sito tutta in limba, scritta secondo le regole della Lsc). E grande nostalgia dall’altro. Non c’è niente da fare: chi ha la scrittura nel sangue non riesce a fare a meno di mettere qualcosa nero su bianco. E io, nel mio piccolo, nel mio minuscolo angolino di mondo, sento proprio di avere acquisito negli enni qualcosa di morbosamente perverso. Una sorta di eccitazione che mi conquista quando metto qualcosa per iscritto. Chissà, magari sono queste le elucubrazioni di un folle. Preferisco non pensarlo. In ogni caso, dallo scorso mese di marzo, SARdies è tornato online, ma con un altro nome, www.sardegnadies.it.
Che poi sarebbe, all’incirca, il vero nome di SARdies, che altro non era, in origine, che la contrazione proprio di Sardigna e di Dies. Sardigna è adesso Sardegna, proprio per segnare quel distacco dal sardo. Dies significa giorni, l’oggi che possiamo conoscere tramite il racconto giornalistico. Un amico, che è anche un politico, con un passato di presidente del Consiglio comunale, mi ha fatto notare alcune settimane fa che dies in inglese è la terza persona singolare di to die, morire. Il suo era solo un rilievo, buttato lì come battuta: «Dies… Sardegna muore. Dillo che lo hai fatto apposta!». In realtà ripensandoci, e pensando anche al tono amaro della sua voce, non ha tutti i torti. La Sardegna muore davvero. Troppo legata all’Italia (del resto, il vecchio Regno di Sardegna nel 1861 non cambiò il suo nome in Regno d’Italia?), che non vede più il suo futuro, che lo teme, che si aggrappa ad un passato che non c’è più. Che è quello dei grandi del passato, che non erano politici o condottieri, ma artisti immortali, inventori, santi, poeti e navigatori. Adesso conta la finanza, i dati asettici del Fondo Monetario, ci siamo per fortuna lasciati alle spalle lo spread, ma c’è pur sempre il pil che non cresce, la disoccupazione che è sempre lì, il debito pubblico che ci segue, come un bandito pronto ad aggredirti senza neanche un passamontagna sulla faccia e a portarti via tutto. E non è finita. La crisi c'è e vogliamo a tutti i costi tenercela ben stretta. La Sardegna c’è dentro fino al collo. Insieme alla figlia degenere, l’Italia.

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